Si cominciano ad avvertire le prime forti reazioni alla didattica per competenze. Ce lo aspettavamo. Il mio maestro Dave Jonassen mi ha messo più volte in guardia: quello della pedagogia è un mondo in cui ogni venti anni si getta tutto, perché non è più di moda, e si riparte con altro. E quando è un po’ che ti occupi di far bene una cosa, e ci lavori per anni, rischi di apparire ripetitivo.
Non capisco la logica. Mutatis mutandis, è un po’ come se Newton dopo qualche anno fosse stato costretto a cambiare le sue equazioni solo perché non di moda o Einstein, formulata la teoria della Relatività, fosse stato costretto ad abbandonarla perché ormai obsoleta.
E la forza del consolidamento? Tutto all’aria?
Abbiamo cercato di capire nel profondo che cosa si voleva raggiungere con una didattica per competenze e le finalità ci sono sembrate davvero interessanti. Il dibattito si è sviluppato non solo nel nostro paese ma in Europa e nel mondo intero. Le proposte illuminate per realizzarla sono state davvero tante e anche noi, sposando il PBL, abbiamo cercato di implementarla al meglio. I momenti di difficoltà ci sono serviti per crescere e tarare il modello: che sembra funzionare. Non abbiamo trovato la soluzione, sarebbe una contraddizione in termini. il problema è complesso e come tale la soluzione non è una sola, ma quella che abbiamo trovato in modo iterativo/adattivo pare dare buoni risultati. Dove? In classe. In tante classi … e tanti prof. sono soddisfatti. E’ lì, dove ci sono i bimbi, dove ci sono i ragazzi, che pare funzionare ed è questo che ci spinge a procedere, a continuare sulla strada intrapresa; a resistere a chi, non avvezzo a cercare una soluzione per approssimazioni successive, a far uso del pensiero computazionale, un po’ annoiato e poco persistente, è già pronto per un altro giro di valzer.
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