Mercoledì 2 Aprile a Macerata, per l’Università di Camerino, ho incontrato circa 40 docenti. Ho parlato loro, anche, di didattica per competenze, di didattica e valutazione autentica e ho fatto veloci cenni alle mie rubric dinamiche: probabili strumenti per monitorare l’evoluzione dell’identità dello studente.
Premetto che l’esperienza è stata entusiasmante. Gli alunni mi hanno “tollerato”, in modo interattivo, per quasi cinque ore ed alla fine alcuni avrebbero voluto proseguire. Credo di aver proposto in modo concreto tematiche generalmente trattate in modo astratto: qui forse la forza dell’intervento. Del resto la concretezza deriva dal fatto che questi temi, in minima parte originali e generalmente tratti dalla letteratura internazionale, l’equipe Lepida Scuola li sta sperimentando nel quotidiano di parecchie realtà scolastiche.
E insegnando ogni volta si porta, ma ogni volta soprattutto si impara. E anche a Macerata è successo questo.
Ad una domanda, in particolare, riflettendo, non ho risposto come avrei dovuto. Ed è da questa riflessione che sto imparando. A posteriori posso dire che forse non avevo capito il senso della domanda che illustro brevemente. Il collega, che spero arrivi a leggere queste righe, mi ha chiesto dei chiarimenti sull’applicabilità delle rubric. In particolare si è chiesto: se la rubric è un punto di vista di una prestazione, che può variare a seconda di chi quella prestazione osserva e in quale contesto, come posso sperare di avere delle valutazioni oggettive, o per lo meno comparabili, su tutto il territorio nazionale?
Ho, della rubric di una prestazione, l’idea di un modello della prestazione in sé dipendente dal punto di vista di chi la prestazione deve valutare. E di questo sono fermamente convinto. Uno dei miei esempi ricorrenti è quello della valutazione di una presentazione fatta da uno studente in presenza di un direttore vendite e di un direttore tecnico, potenzialmente interessati ad una assunzione. Della presentazione ideale hanno due idee, due modelli (in qualche modo correlati alle rubric) molto diversi, uno più legato agli aspetti comunicativi e l’altro agli aspetti fattivi-scientifici. E su questo non ci piove. Non esiste la rubric perfetta: esistono rubric che rappresentano il punto di vista di chi valuta. Coscienti di questo abbiamo risolto molte false diatribe che insorgevano tra docenti che non si trovavano d’accordo sulla creazione di rubric.
Ma se così è, mi chiede il collega, come potrò mai arrivare ad uno strumento che possa garantirmi una uniformità di giudizio su tutto il territorio nazionale o quasi?
Risponderei così. Tra le varie rubric probabili per una determinata prestazione è possibile individuarne alcune che vengono considerate, pur nella loro relatività, sufficientemente generali da condividerne il valore. Di fronte ad una presentazione molti possono essere i punti di vista, ma il punto di vista di un direttore vendite lo posso modellizzare in un modo abbastanza generale. Ci può restituire una sufficiente uniformità di giudizio su tutto il territorio nazionale non la rubric di una prestazione ma quella particolare rubric, che rappresenta quel particolare punto di vista, della prestazione.
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