In risposta alla mail di Dott.ssa Maura Zini, Dirigente Istituto Istruzione Superiore “Ignazio Calvi”, Finale Emilia.
“Voglio dirti che c’ un gran fermento dopo i tuoi interventi e anche tanta paura. Ci sono docenti diffidenti ma la maggior parte vorrebbe partire anche se impauriti dalla mole di lavoro.
È’ nata l’idea bella di fare a fine anno una sorta di festa delle competenze per mostrare a tutto l’istituto quello che insieme si è’ fatto. …
C’è’ però una perplessità che arrovella qualcuno e che vede contrapposte due posizioni: quella di chi sostiene (e porta quello che tu hai detto come esempio) che mira esclusivamente a puntare sul processo e chi invece crede che occorra tenere conto anche del prodotto….”
Premessa
E’ successo quanto temevo. I docenti si spaventano; ed è normale perché i progetti non fanno parte del loro DNA. Ma a questo tipo di didattica non possiamo rinunciare, solo perché richiede impegno. I risultati non tardano ad arrivare; ci vuole pazienza, bisogna attivare la strategia dei piccoli passi e per approssimazioni successive ci si avvicina alla soluzione. Con momenti difficili, con parziali fallimenti, attraverso un percorso accidentato. E’ normale, si tratta di cambiare un approccio consolidato: da anni di apprendistato, quello scolastico, e da anni di pratica quotidiana.
Tentativo di risposta.
Il problema che tu mi poni, “è più importante il prodotto o il processo?“, è complesso perché autentico. Non una soluzione ON/OFF ma più soluzioni possibili: ognuno sceglie la meno peggio secondo il proprio punto di vista.
Dal punto di vista dell’educatore la prima necessità è quella di favorire, monitorare gli apprendimenti. E in questa ottica il processo, con i suoi deliverable, è prioritario. Non mi dispero se il prodotto finale non sarà ai massimi, se sarà anche molto diverso da quello ipotizzato, anche sottotono: la sfida messa in essere nell’ideazione è autentica, carica di rischio ed indeterminazione; e così deve essere altrimenti non ci troviamo di fronte ad un progetto, non stiamo affrontando la complessità. Fa parte dell’apprendere il tornare sui propri passi, rivedere le proprie ipotesi, rendere un pò più concreti i nostri sogni: è fisiologico. Poi si riparte ed alimentando questo approccio ricorsivo ci si costruisce un altro importante pezzo del tanto auspicato Pensiero Computazionale. Premesso questo, il prodotto, anche dal punto di vista dell’educatore, rimane importante: per gli alunni un buon prodotto è comunque gratificante e rappresenta uno stimolo fondamentale.
Concordo pienamente quando affermi: “Credo che anche insegnare a metterci tutto l’impegno quando ci si assume un incarico e a far bene le cose che si vuole iniziare a fare sia un valore da insegnare. Credo che sia importante non solo giocare ma se possibile fare goal”. Non posso che concordare, del resto è competenza “essere autonomi e responsabili”. Non faccio fatica a essere d’accordo: io purtroppo non riesco quasi mai a condividere un approccio ludico: non ce l’ho di mio!
Questo deve valere anche per noi adulti. Cambiare l’approccio didattico, passare da una didattica trasmissiva ad una attiva, basata su un pensiero costruttivista-costruzionista, non è affare da poco; ci vuole impegno, sacrificio e rigore. Il problema è complesso e come tale va affrontato. La complessità crea disagio, ma è nella reazione al disagio, nel suo superamento che si costruisce l’apprendere profondo.
Dal punto di vista di utente di una “Fiera dell’Istituto“ il prodotto è ovviamente quello che si vede, ed è dunque molto importante. Il mio invito però è quello di percepire, e dunque mostrare, come prodotto del progetto anche il processo. E’ qui che si misura il valore pedagogico di un Istituto. Siamo riusciti a sviluppare competenze in tutti? Siamo riusciti a monitorare gli apprendimenti di tutti e fornire loro feedback? Siamo riusciti a favorire la costruzione del Pensiero Computazionale? Credo che la risposta potrà essere solo parzialmente positiva: credo che riuscire a mostrare come ci siamo avvicinati, anche solo un poco, alla soluzione sia un grande “prodotto” da esibire e da esserne fieri. Vuol dire aver colto nel segno. Secondo Jonassen, nella costruzione di learning objects, o anche solo di presentazioni PPT, chi apprende veramente non è l’utente di questi oggetti, ma chi ha costruito questi oggetti. Non credo proprio che le canzoni RAP, per quanto ben fatte, con cui i miei allievi hanno musicato pezzi di “Sistemi” serviranno davvero a qualcuno ad apprendere …, sono però convinto che loro hanno appreso molto: di Sistemi e non solo. …
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